Se manca il dolo il pensionato non è tenuto alla restituzione delle somme indebitamente ricevute prima della comunicazione del provvedimento di revoca.
Una sentenza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti alle richieste dell’Inps per la restituzione delle prestazioni di invalidità civile.
La sentenza numero 28771 del 9 novembre 2018 pronunciata dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione fornisce alcuni interessanti chiarimenti all’interprete circa i principi giurisprudenziali in materia di indebito assistenziale.
La questione è importante perchè regola i limiti alle pretese restitutorie avanzate dall’Istituto di Previdenza nei confronti dei pensionati titolari di prestazioni come l’assegno mensile di invalidità, la pensione di inabilità civile e le altre provvidenze economiche corrisposte agli invalidi civili.
Circostanze che si verificano frequentemente per diverse ragioni tra cui, in particolare, il venir meno dei requisiti sanitari a seguito di una visita di revisione, la perdita dei requisiti economici (vale a dire il superamento del limite di reddito ove previsto per la concessione o il mantenimento della prestazione) oppure la perdita del requisito legale (ad esempio il riconoscimento di un assegno ordinario di invalidità oppure il trasferimento all’estero).
Nel definire la questione occorre partire dall’assunto che il legislatore ha declinato in maniera diversa l’indebito assistenziale da quello previdenziale per il quale sono state previste delle specifiche ipotesi di irripetibilità (a seconda della buona o mala fede del pensionato) e diverse sanatorie.
La Cassazione spiega che in materia di prestazioni assistenziali la regola di base è l’articolo 2033 del codice civile che legittima la restituzione senza limiti dell’indebito formatosi a seguito di un provvedimento di revoca della prestazione da parte dell’ente previdenziale.
La giurisprudenza di legittimità, tuttavia, ha nel tempo temperato progressivamente il criterio soppesando anche la necessità di riconoscere il legittimo affidamento del pensionato, titolare della prestazione assistenziale. L’orientamento prevalente della giurisprudenza è, in altri termini, quello secondo il quale l’errore o l’inerzia dell’ente previdenziale non possa trasformarsi in una tegola per il pensionato che incolpevolmente abbia ricevuto somme in realtà non dovute.
La Cassazione ribadisce questo orientamento tramite la lettura dell’articolo 3-ter del Dl. 850/1976 convertito con legge numero 29/1977 secondo cui gli organi preposti alla concessione dei benefici economici a favore degli invalidi civili hanno facoltà, in ogni tempo, di accertare la sussistenza delle condizioni per il godimento dei benefici previsti, disponendo la eventuale revoca delle concessioni con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data del relativo provvedimento.
A tale disposizione si aggiunge quanto affermato dall’articolo 3, co. 9 del DL 173/1988 convertito nella L. 291/1988 secondo cui con decreto del Ministro del Tesoro sono stabiliti i criteri e le modalità per verificare la permanenza nel beneficiario del possesso dei requisiti prescritti per usufruire della pensione, assegno o indennità […] e per disporne la revoca in caso di insussistenza di tali requisiti, con decreto dello stesso Ministro, senza ripetizione delle somme precedentemente corrisposte.
Dalla lettura delle due predette disposizioni legislative la regola che ne deriva è quella per cui l’indebito assistenziale, in mancanza di norme specifiche che dispongano diversamente, è ripetibile solo successivamente al momento in cui intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge e ciò a meno che non ricorrano ipotesi che a priori escludano un qualsivoglia affidamento, come nel caso di erogazione di prestazione a chi non sia parte di alcun rapporto assistenziale, né ne abbia mai fatto richiesta (Cass. 23 agosto 2003, n. 12406), nel caso di radicale incompatibilità tra beneficio ed esigenze assistenziali (Cass. 5 marzo 2018, n. 5059, riguardante un caso di erogazione dell’indennità di accompagnamento in difetto del requisito del mancato ricovero dell’assistito in istituto di cura a carico dell’erario) o in caso di dolo comprovato del beneficiario. In sostanza secondo la Cassazione la ripetizione è ammessa solo dal momento dell’accertamento da parte dell’ente dell’indebito con sanatoria, pertanto, dei ratei precedentemente corrisposti, salvo dolo dell’interessato
La sentenza della Cassazione numero 28771 chiarisce che la portata di queste norme si estende anche nel caso in cui la prestazione venga revocata per il venir meno dei requisiti economici e non solo di quelli legali.
Nel caso sottoposto allo scrutinio della Corte i giudici hanno respinto così la richiesta di ripetizione dei ratei di invalidità civile corrisposti ad una pensionata nel 2007 per il superamento dei requisiti reddituali il cui procedimento amministrativo era stato posto in essere solo l’anno successivo, cioè nel 2008.
La Corte ha accertato la mancanza di dolo della pensionata comprovato dal fatto che questa aveva comunicato sia nel 2007, sia nel 2008 (per il 2006 e il 2007) i propri redditi all’INPS; pertanto, il ritardo nell’adozione del provvedimento di revoca era addebitabile all’Inps.
La Corte conclude affermando l’importante principio secondo cui l’indebito assistenziale per venire meno dei requisiti reddituali determina il diritto a ripetere le somme versate solo a partire dal momento in cui l’ente preposto accerti il superamento dei requisiti reddituali; ciò a meno che risulti provato che il beneficiario si trovasse, al momento della percezione, in situazione di dolo rispetto al venire meno del suo diritto (come ad es. allorquando l’incremento reddituale sia talmente significativo da rendere inequivocabile il venir meno del beneficio), trattandosi di coefficiente che naturalmente fa venire meno l’affidamento alla cui tutela sono preposte le norme limitative della ripetibilità dell’indebito.
Regole diverse ricorrono solo per l’indebito riconnesso al venire meno dei requisiti sanitari. In questo caso l’art. 37, co. 8, L. 448/1998 prevede espressamente la ripetibilità fin dal momento dell’esito sfavorevole della visita di verifica, dunque con effetti retroattivi rispetto alla data di comunicazione del provvedimento di revoca da parte dell’Inps.
Avv. Marco Cinnirella